La crisi istituzionale in Israele

Pensate davvero che Netanyahu sia diventato un ebreo ortodosso?

Il primo a dirsi contrario al progetto del governo israeliano di costituire per legge la nazionalità del popolo ebraico è stato il presidente di Israele Reuven Rivlin. Il vecchio Rivlin non riesce nemmeno a capire il senso di un dispositivo che comprometterebbe la caratteristica democratica dello Stato ebraico. Israele è lo Stato che nonostante la sua religiosità è profondamente democratico ed è questa la distinzione che rende fiero un esponente del Likud come Rivlin di succedere ad un rivale politico come Simon Peres: condividerne i medesimi principi istituzionali. Rivlin è il capo dello Stato, ma è anche uno dei membri più autorevoli dello stesso partito di Netanyahu. Bibi deve essere davvero impazzito se insieme alla crisi di governo, alla crisi istituzionale, apre persino la crisi del suo stesso partito a pochi mesi dalla data già fissata dal voto. Bisogna conoscerlo bene Netanyahu prima di volerne dare un qualche giudizio. L’uomo non risponde ai criteri dei comuni capi di governo. Parliamo pur sempre di un politico che a soli vent’anni si fece beffe di Idi Amin Dada e di Arafat in una sola notte ad Entebbe. Se mai qualcuno pensasse che i commando delle forze speciali israeliani siano delle teste calde ha visto qualche film di troppo. Tsahal insegna a pianificare ogni mossa, a giocare di squadra e infine, l’arte della dissimulazione e dell’inganno. Quell’arte che Machiavelli tanto ammirava in Cesare Borgia, i servizi israeliani l’hanno studiata a lungo ed applicata meticolosamente. Netanyahu ha già avuto una esperienza politica da primo ministro nel secolo scorso è quella fu fallimentare. Non credeva nel dialogo e nella pace con i palestinesi, quando la maggioranza di Israele si era convinta di poter raggiungere un accordo. Cosa impediva di realizzare questa speranza meravigliosa dei due popoli e dei due Stati amici? Quel bravaccio di Netanyahu che venne spazzato via alla prima occasione utile. Poi la pace non l’hanno avuta lo stesso, anzi si sono trovati di fronte Hamas. Sharon si inventò la mossa del cavallo per spiazzare l’ avversario, ritirandosi unilateralmente dalla Striscia di Gaza e fondando Kadima. Netanyahu sempre più isolato si tenne stretto quel poco del Likud che restava. Tornò il suo momento perché dopo nemmeno due anni, il governo di Kadima fu costretto a combattere esattamente come quelli precedenti. Per tornare a vincere le elezioni, Netanyahu non fece niente. Il problema è che non avendo risolto il problema della sicurezza di Israele nemmeno con l’impiego della forza, non è che domani l’elettorato ebraico gli dirà torniamo alla trattativa. Piuttosto, chiederà un impiego della forza maggiore e se Israele ancora si preoccupa di salvaguardare la popolazione civile nel conflitto, sono oramai molti coloro che fra i suoi abitanti non vogliono più nessuna tregua per il nemico. Lo dimostrano gli estremisti che hanno bruciato un ragazzo arabo per ritorsione, così come lo dimostrò l’estremista che assassinò Rabin. Il popolo di Israele è stanco di subire la pressione araba ai suoi confini. Per questo Netanyahu ha avuto vita facile a sconfiggere la sinistra. Tsipi Livni, viene dal Likud. Netanyahu sa invece che i partiti oltranzisti possono rovesciarlo nelle elezioni di domani. E come ad Entebbe si è mosso di anticipo, lo stato nazionale ebraico e quello che ne consegue lo propone lui. Come ha risposto il super falco Liebermann? Elaborando un piano di pace del suo partito ultra ortodosso. Roba da non credere. Vedremo come voterà la Knesset questa settimana, ma Netanyahu convertito all’ortodossia ebraica, davvero non ce lo immaginiamo.

Roma, 5 dicembre 2014